martedì 12 giugno 2012

Una battaglia storica



Tenera è la notte... tenero il cielo di Heidelberg alle 21,30 passate di un sabato, il primo sabato di giugno.
Il sole è già calato, il chiarore indugia ancora sulla città universitaria per eccellenza in Germania. Le luci gialle della biblioteca ancora accese, si intravedono intrepidi (o solo stressati) studenti alle prese con le ultime pagine della giornata. Ma anche le luci dei pub, la Altstadt inizia a risvegliare quel brulichio del sabato sera (per intenderci, quella gente che poi a notte fonda passerà sotto alla mia finestra intonando cori di ubriachi).

 (Un premio a chi intravede casa mia in questa foto)

Ma non è un sabato normale questo. Il brulichio è più intenso del solito. Stasera si rievoca il 1689!
Quel che successe allora è l'attacco dei francesi al castello di Heidelberg.
Non appena l'oscurità lo consente, si parte: due spari dalla collina (dove c'è il Philosophenweg), e subito il castello vien colpito. Un incendio di grandi proporzioni lo fa rosseggiare e ne danneggia irrimediabilmente alcune parti. (che è poi il motivo per cui quel che rimane oggi è una rovina più che un castello).

Il rossore dura a lungo. L'incendio non accenna a placarsi, tutta la città volge gli occhi al suo castello.

Ma i francesi mica han finito, e sennò che battaglia sarebbe?
Di nuovo dalla sponda opposta al castello si spara, forti colpi uno dietro l'altro, e la notte ne è tutta illuminata.

La battaglia prosegue sul ponte vecchio (Alte Brücke).

E dal ponte si spara a pelo d'acqua sul Neckar.



Come finisce? Beh, i francesi hanno avuto la meglio, e il castello porta ancora le ferite di quel 1689.

La rievocazione con i fuochi d'artificio merita proprio. Soprattutto se si trova un bel punto di osservazione. Il campanile della Jesuitenkirche si è prestato proprio bene allo scopo (ringraziamo Katharina per l'invito! :-)

lunedì 11 giugno 2012

Il cielo


Da qui si doveva cominciare: il cielo.
Finestra senza davanzale, telaio, vetri.
Un'apertura e nulla più,
ma spalancata.

Non devo attendere una notte serena,
né alzare la testa,
per osservare il cielo.
L'ho dietro a me, sottomano e sulle palpebre.
Il cielo mi avvolge ermeticamente
e mi solleva dal basso.

Perfino le montagne più alte
non sono più vicine al cielo
delle valli più profonde.
In nessun luogo ce n'è più che in un altro.
La nuvola è schiacciata dal cielo
inesorabilmente come la tomba.
La talpa è al settimo cielo
come il gufo che scuote le ali.
La cosa che cade in un abisso
cade da cielo a cielo.

Friabili, fluenti, rocciosi,
infuocati e aerei,
distese di cielo, briciole di cielo,
folate e cumuli di cielo.
Il cielo è onnipresente
perfino nel buio sotto la pelle.

Mangio cielo, evacuo cielo.
Sono una trappola in trappola,
un abitante abitato,
un abbraccio abbracciato,
una domanda in risposta a una domanda.

La divisione in cielo e terra
non è il modo appropriato
di pensare a questa totalità.
Permette solo di sopravvivere
a un indirizzo più esatto,
più facile da trovare,
se dovessero cercarmi.
Miei segni particolari:
incanto e disperazione.


Wisława Szymborska
trad. Pietro Marchesani

sabato 9 giugno 2012

verde e rosso

La visita di una persona cara è sempre occasione  per belle passeggiate. Soprattutto se è fine maggio - inizio giugno e l'estate prende piede in ogni dove.
Il Thingstätte, quell'anfiteatro costruito dai nazisti, è ora ben diverso da quando c'ero stata in inverno.

Le rovine di un chiostro, in cima alla collina (Michaelisbasilika)


E, se sei ad Heidelberg, sai che prima o poi spunterà sempre il castello, che si sia in un punto panoramico o che si sbirci da uno sprazzo di vuoto tra due alberi.